Un tocco di rosa...
Publié le 24 Février 2008
Da quanto tempo mi frullasse per la testa non so dirlo, però era lì, un pensiero fisso, un'esigenza sempre più impellente.
Una sensazione strisciante da quando era fallito il referendum sulla legge sulla fecondazione assistita: mi sembrava solo il primo di una serie di attacchi sempre più frequenti,
ripetuti, concentrici alla legge 194, quella che regola l'interruzione volontaria di gravidanza.
Nelle settimane scorse ho assistito, con un senso di inquietudine sempre crescente, ad incursioni della polizia nelle corsie degli ospedali, a dichiarazioni grottesche di chi pensa di avere una
sindrome genetica per il solo fatto di essere sovrappeso, ma soprattutto al proliferare di servizi giornalistici - tutti rigorosamente nei tg di punta - sul "miracolo" di vite strappate alla
morte di quei neonati venuti al mondo prima della venticinquesima settimana di gestazione. Uno in particolare, con lunga intervista al primario dell'ospedale dei miracoli raccolta dal cronista
commosso, parlava di un caso unico al mondo, di un bambino nato alla ventunesima settimana di gestazione, che (sic!!!) secondo il primario "stava benissimo".
Si potrebbe disquisire a lungo sul concetto di benissimo, quando parliamo di un esserino di nemmeno 500 grammi, lungo 25 centimetri, intubato, con gli aghi delle flebo e i sensori dei monitor
cardiaci e respiratori... il cronista aggiungeva che di bambini così, di 23 o anche 22 settimane lì nell'ospedale ne erano nati tanti, e che stavano tutti bene.
Le settimane non sono scelte a caso: la maggior parte delle malformazioni genetiche o gravi sofferenze fetali vengono diagnosticate intorno tra la diciottesima e la ventesima settimana, dunque,
fatti due rapidi calcoli, sono esattamente le settimane in cui le "assassine" (così le ha definite un quotidiano ad ampia diffusione) esercitano il proprio diritto di scelta. Ah, quasi
dimenticavo: quel povero esserino di 21 settimane ha smesso di combattere pochi giorni dopo quel servizio televisivo, e se n'è avuta notizia solo su internet.
L'ultima chicca, l'altroieri in edicola, dove un settimanale ha messo in prima pagina un bellissimo neonato addormentato: "ecco i bimbi che non dovevano nascere: qualche volta bastano 300 euro e
i pannolini gratis per evitare un aborto"... ero senza parole, e lo sono ancora.
Ero indignata, e lo sono ancora... e la mia è un'indignazione che parte da lontano, lontanissimo.
Primo anno di scuola superiore, secondo tema di italiano in classe, non ricordo il titolo con precisione, ma in buona sostanza recitava così: "presto si svolgeranno le consultazioni popolari
sulla legge sull'aborto. Se tu potessi votare, cosa faresti?"... mi viene da ridere al pensiero di cosa accadrebbe oggi, con la diffusione e il potere dei massmedia se un professore lo
presentasse alla sua classe.
Ingenua come una quattordicenne di un bel po' di tempo fa, forte e coraggiosa come solo le convinzioni di un'adolescente riescono ad essere, feci il mio tema, e risposi al professore dicendo che
io amavo i bambini, che speravo con tutta l'anima di poter avere un giorno dei figli miei, che non avrei mai abortito ma che se avessi potuto avrei votato "Sì" alla legge, perchè nessuno al mondo
può arrogarsi il diritto di scegliere per gli altri, e che se una donna - per disperazione, per fame, per motivi di salute o anche solo per libera scelta - decideva di interrompere una
gravidanza, io non potevo e non volevo condannarla a rischiare la propria vita in un laboratorio clandestino.
La settimana dopo il mio professore consegnò "gli elaborati", e il mio tema, senza alcuna correzione, alcun errore, riportava un magnifico 4 e mezzo, con la sigla del mio prof e la frase "forma
corretta, idee discutibili!" (con tanto di punto esclamativo).
Quel giorno imparai che esprimere le proprie opinioni ha un prezzo, di solito bello alto. Per me, che non avevo mai preso un voto sotto il 6, fu uno schiaffo in pieno viso... mi bruciava, e
tanto, sia per il voto, sia per l'ingiustizia (non c'era nemmeno una virgola fuori posto in quel tema, giuro!) ma soprattutto perchè chi si credeva di essere questo tipo per sindacare le mie
opinioni? La pensava così anche mio padre, che venne a chiedere conto di quel commento, di quelle idee discutibili, sia al prof in questione che al preside: non ottenemmo molto, il 4,5 divenne 6
perchè non era possibile fare altrimenti, vista l'assenza di errori, ma nulla più, perchè lo stile a lui non piaceva e questo era insindacabile.
Ora, a distanza di più di vent'anni, siamo di nuovo lì... c'è ancora chi crede che i consultori siano dei posti dove si regalano confezioni di anticoncezionali ad adolescenti inquiete o dove
si accompagna lieti, sottobraccio, una donna ridanciana e fresca di parrucchiere in una camera operatoria a disfarsi del gravoso peso, un po' come quelle della pubblicità, tutte felici
perchè hanno trovato una soluzione per la naturale regolarità.
Si stupirebbero queste persone, se davvero mettessero piede in uno di questi consultori, dove persone spesso animate dalla sola passione per il loro lavoro (che sugli stipendi caliamo
un velo pietoso) organizzano corsi per aiutare le neomamme ad allattare al seno, dispensano pannolini e altro alle famiglie in difficoltà, avviano ad una sessualità protetta e
consapevole adolescenti lasciati troppo spesso soli dalle proprie famiglie e sì, è vero, aiutano anche donne ad abortire. Aiutano nel senso più completo della parola: ci sono psicologi,
assistenti sociali, ostetriche e ginecologhe che vagliano ogni possibile alternativa prima di avviare la procedura per l'IGV, perchè un aborto lascia un segno indelebile, sia in chi lo subisce
non volendolo sia in chi lo sceglie.
In genere questo blog parla d'altro, le incursioni nel privato e nel "sociale" sono rare, ma come ho premesso all'inizio - qualche chilometro di parole fa - questo tema mi premeva.
Quelle che dovevano essere solo poche righe sono divenute un fiume in piena, quindi cerco di chiudere qui, tralasciando altre cose che mi piacerebbe discutere con chi crede che bastino 300 euro e
due pannolini per crescere un figlio, o più ancora con chi crede che il percorso di vita di un bambino disabile e della sua famiglia sia costellato di petali di rosa e che solo i vigliacchi
decidano di non percorrerlo. Mi piacerebbe raccontargli delle tante famiglie devastate dalla notizia di una disabilità più o meno grave, di genitori che si separano, di vite scandite da terapie
trisettimanali, liste d'attesa estenuanti (per interventi chirurgici, valutazioni periodiche, commissioni di invalidità, sostegno scolastico, assistenza domiciliare e chi più ne ha più ne metta),
che sì, e vero, ci sono anche quelle che tengono duro e vanno avanti, ma i petali di rosa non li vedono mai, da nessuna parte, e non ne sentono nemmeno il profumo.
Insomma, chiudo qui, non prima di aver ringraziato una gran donna e una gran mamma, la sciura Gallina, che mi ha dato l'avvio e anche quel piccolo tocco di rosa che menzionavo nel titolo: è il banner
che trovate qui a sinistra, e che qui resterà fino a quando continueranno ad attaccare la legge 194.